Il punto di vista degli studenti di medicina e di infermieristica sull’ apprendimento con il Paziente Formatore

Lezione agli studenti di infermieristica

Dalle narrazioni, alla riflessione, all’apprendimento

Pillole di buone pratiche condivise durante la formazione con i pazienti

  1. La comunicazione della diagnosi/mancata diagnosi rappresenta l’inizio di un percorso sconosciuto: è fondamentale creare un contesto adatto per comunicarla, considerando l’incredulità iniziale del paziente e dei familiari, e raccontando le principali fasi del cammino. La persona che si trova ad affrontare una malattia, soprattutto se sconosciuta ,ha bisogno di conoscerla, ha bisogno di riconoscere i sintomi legati ad essa per averne il controllo, e non aver paura quando compare un dolore nuovo o quando c’è un analisi che non rientra nei parametri di normalità.
  2. Conoscere e comprendere la diagnosi e le possibilità di trattamento per condividere il piano di cura.
  3. L’insicurezza è regina nella malattia, tante sono le domande che un paziente si fa quando deve sottoporsi a una cura. Esisterà la medicina giusta? Ha delle contro indicazioni? Mi danno troppe medicine, non si possono diminuire?
  4. Miriam: E’ stato un gran sollievo quando i medici mi hanno comunicato che chemio-terapie sempre più all’avanguardia esistevano per curare l’Amiloidosi, ma questo non era che una parte della farmacia che mi sono trovata in casa…Ho compreso l’importanza di rispettare anche gli orari delle assunzioni…
  5. Nella cura possono presentarsi tante variabili, la stessa medicina può avere effetti diversi nei pazienti , la successione delle medicine è importante, l’accumulo di un farmaco può dare problemi…
  6. La fase iniziale, successiva alla comunicazione della diagnosi, porta a vedere la malattia nella sua totalità e genera una serie di emozioni. Sapere che queste emozioni saranno rielaborate concentrandosi sulla quotidianità e sulle nuove abitudini di vita può essere un’informazione importante.
  7. E’ importante, per il paziente, imparare a fare domande per conoscere la sua malattia e, quindi, poterla affrontare al meglio.
  8. Se il paziente per “educazione” / abitudini culturali non riesce a fare domande per informarsi, è importante che il medico crei uno spazio nel quale invitare il paziente a chiedere ciò che gli serve.
  9. E’ necessario definire dei meccanismi di supporto per i familiari che sono attori fondamentali del processo.
  10. L’approccio “educativo” familiare è importantissimo quando la malattia è diagnostica ad un bambino (dare la possibilità di fare esperienze vs proteggere e isolare).
  11. Per il paziente e i caregiver è importante sviluppare approcci comunicativi per “farsi ascoltare”, in modo tale da poter conoscere a fondo le caratteristiche della ”malattia” per poterle gestire al meglio e per offrire ai medici chiare informazioni sull’esperienza individuale, diversa per ogni tipo di paziente.
  12. Nel caso in cui il medico effettui trattamenti che possono prevedere delle reazioni note, informare il paziente di come trattarle autonomamente in modo da garantirgli di vivere l’esperienza con tranquillità e evitare ”sprechi” derivanti dalla ricerca di informazioni (pronto soccorso, …).
  13. Se si effettuano trattamenti straordinari o per i quali non sono conosciute le possibili reazioni, è utile che l’operatore sanitario fornisca un recapito diretto al quale essere raggiunto nel caso si manifestino reazioni impreviste.
  14. E’ fondamentale che il medico principale diventi un punto di riferimento per acquisire le informazioni / collaborazioni fra i diversi reparti / medici utili per garantire la migliore assistenza.
  15. Dare valore alle informazioni / indicazioni del paziente accogliendole come un indicatore di fiducia nel medico.
  16. Riconoscere il paziente nella sua totalità invece che per la patologia / comportamento / ecc. (evitare categorizzazioni).
  17. Riconoscere la dignità del paziente considerandolo per “chi è” come persona e “chi era” prima della manifestazione della malattia.
  18. Ascoltare il pazienta per riconoscere le sue potenzialità e definire i trattamenti più adatti che il paziente potrà portare avanti in autonomia e responsabilizzarlo (vale anche per il caregiver) in modo che possa aiutarsi da solo.
  19. Considerare i diversi livelli della guarigione (il sentirsi guariti, indipendentemente dalla dimensione “fisica”).