Mi chiamo Luca ho 46 anni e lavoro nel campo informatico e multimediale.
Sono un soggetto molto attivo e con diverse passioni, tra le quali da una decina di anni ho deciso di restaurare il vigneto di famiglia, una storia iniziata nel lontano 1923 che non volevo andasse perduta, ho così iniziato creando non solo un impianto moderno, ma anche studiando una soluzione di vigneto biologico che mi sta dando diverse soddisfazioni.
I PRIMI SINTOMI
Da diversi anni soffrivo di problemi digestivi, tuttavia ero sempre impegnato e dopo qualche esame tra cui una gastroscopia, mi adeguai al pensiero di soffrire di gastrite cronica come gran parte della mia famiglia, non capivo però perchè stessi così male quando il referto era tutto sommato buono.
Pensai che da giovani non si è ancora abituati a soffrire quindi tutto sembra insopportabile, e che sicuramente avrei dovuto ridurre le cene e gli aperitivi con gli amici.
L’INIZIO
Ottobre 2018, ero in Grecia con amici nelle meravigliose Piccole Cicladi…periodo magico per la pace che si respira e ottimo per me che avevo appena finito con la vendemmia la stagione agricola.
Purtroppo la vacanza fu segnata da coliche di stomaco e febbre.
Al rientro i dolori alla pancia erano quasi tutti i giorni forti e protratti per ore…poi sparivano completamente.
Questo aspetto subdolo della cronicità per anni mi ha fatto sentire un po’ “visionario”, perchè con l’enenergia per il fare che mi ha sempre contraddistinto, tendevo a dimenticare e a cercare spiegazioni come “è transitorio” oppure “dopo tutto non era così forte” o ancora “avrò mangiato male” e quando più avanti mi troverò a descrivere i sintomi a diversi medici, io stesso tenederò a minimizzare soprattutto se nel momento in cui ne parlavo stavo bene.
Nei mesi successivi le cose non miglioravano affatto, anzi, fui costretto a fare tanti esami soprattutto radiologici che davano sempre tutto negativo, anzi, andavano ad evidenziare un’ottima salute di fondo.
Nel frattempo in seguito ad un piccolo infortunio ad una spalla mentre giocavo in porta a calcetto, apparvero dolori articolari fortissimi tali da non dormire la notte.
Poi ancora crampi ai piedi, non riuscivo più a camminare per una sorta di stiramento alle gambe.
Nei giorni successivi alle coliche, la lingua assumeva una colorazione nera come dopo aver mangiato liquirizia pura.
Un giorno quasi per caso mi resi conto che antibiotici abbastanza forti mi giovavano…e…l’unica soluzione pareva essere questa, così ne assunsi a dosaggi alti per periodi importanti, ma appena smettevo riprendeva tutto, probabilmente anche peggiorato.
Se in ufficio non facevo sforzi fisici, quindi apparentemente si potrebbe ipotizzare che fosse il luogo ideale, va anche considerato che la concentrazione e la capacità di interagire con clienti e colleghi era ai minimi termini.
Mi ritengo e penso possa dirlo anche chi mi ha conosciuto, una persona positiva e piuttosto socievole, ma questa condizione fisica mi incupiva, desideravo solamente stare da solo e non pensare a nulla.
Nei momenti peggiori, psicologicamente, mi sembrava persino di vedere meno luce, come se portassi tutto il giorno occhiali dalle lenti scure.
Avevo da poco acquistato una moto e preso la patente, cercavo di fare qualche giro in appennino per distrarmi, ma ovviamente le vibrazioni del motore andavano a sollevare dolori addominali, così strani, così profondi.
Lavorando al vigneto nella serenità che solo madre natura può dare, stavo bene, ma fisicamente ero in difficoltà: come scritto sopra, le articolazioni non mi permettevano i movimenti necessari, ogni piccola azione come ad esempio un motore con avviamento a strappo, mi procurava dolori fortissimi agli arti che mi lasciavano bruciori simili ad ustioni per giorni.
In quel periodo dovevo togliere l’erba dalle piccole piantine di vite appena interrate, la fatica era immensa perché anche quel piccolo movimento mi aveva portato una sorta di ruggine alle articolazioni e “dita a scatto”.
Un piccolo infortunio ad un occhio non guariva mai perché (e qui anticipo uno dei problemi scoperti successivamente) avevo reazioni immunitarie che oltre a crearmi problemi articolari, causavano secchezza oculare e congiuntivite, quindi la ferita oculare si rinnovava continuamente anche solo aprendo gli occhi al mattino…e che dolore!
Ogni cosa che intraprendevo era impossibile da portare avanti, tutto finiva in un vicolo cieco causato dalle mie condizioni di salute.
Ero improvvisamente diventato un giovane uomo di quarant’anni nel corpo di un anziano.
LA SVOLTA
Nel frattempo non potevo darmi pace, cambiavo medico, ripetevo esami, si aggiunse una colonscopia con rilettura e poi una seconda colonscopia: attendevo con ansia il giorno dell’esame, poi il giorno dell’esito, quindi la visita, di conseguenza un nuovo esame e ancora un nuovo medico…
Niente da fare, tutto negativo, fino alla conclusione ventilata già da alcuni medici che avevo lasciato perdere precedentemente: “è una questione psicologica”.
Motivazione che ovviamente non ho mai accettato perché dal mio punto di vista non poteva avere senso, fosse anche semplicemente per la lingua nera e i dolori all’addome troppo forti.
L’unico specialista convinto che non fosse una questione psicologica era il fisioterapista osteopata, che tentava di placare i dolori insopportabili, ma cosa poteva fare lui più di quello che stava facendo?!
Poi un giorno “per fortuna” il peggioramento: fistole e ascessi; nonostante in un primo momento un gastroenterologo vedendo i miei esami disse:“non è nulla, sono peli incarniti”, decisi di investire ulteriori soldi in visite e una costosissima risonanza magnetica in una clinica privata, in modo da poter averne accesso nel giro di due giorni.
Era fondamentale effettuarla prima che la tumefazione si assorbisse per non lasciare traccia, così come aveva fatto tante altre volte.
Purtroppo in questo percorso ho dovuto rinunciare a tante cose, anche per risparmiare qualche soldo per gli approfondimenti sanitari.
Insomma, con queste informazioni venne finalmente fatta la prima laparoscopia diagnostica.
Da qui cominciò l’iter chirurgico, fatto di attese, speranze, convalescenze, risvegli operatori con sorprese al limite dello psicologicamente sopportabile, salti mortali per gestire tutte le incombenze della mia vita, tra cui anche i genitori che ormai invecchiavano sempre più.
Poi un nuovo ostacolo alla guarigione: il Covid, con tutti i rallentamenti che ne seguirono.
Sembrava che tutto il mondo si stesse impegnando per rendere la mia guarigione e il ritorno alla normalità sempre più lontano.
Tuttavia NON ho mai pensato che NON sarei riuscito a tornare come prima, è sempre stata una mia convinzione.
OGGI
Ad oggi ho subito 7 interventi all’addome: la prima laparoscopia diagnostica vide una appendicite flemmonosa e un tramite, poi successivamente ho tolto tutto il sigma e un piccolo pezzo di colon discendente, ho portato una colostomia per 9 mesi confezionata due volte.
Stomia, tra l’altro, in posizione alta che mi inibiva molto nel vestire e nel fare le cose più normali.
Ho tentato anche un intervento all’estero, ora sono nuovamente in attesa di operazione qui in Italia con una nuova probabile ileostomia temporanea a rischio di diventare definitiva.
RIFLESSIONI
In questa vicenda ho imparato tante cose:
– Sicuramente ad ascoltare il mio corpo e a non vergognarmi di parlarne serenamente con i medici: la mia “formuletta magica” è che ogni sintomo ha una spiegazione e non va nascosto, con le dovute riflessioni possono portarci risposte utilissime.
Si tratta di spie, come quelle di un cruscotto di un’auto: noi raccogliamo il messaggio e poi andiamo dal meccanico che svolgerà il suo compito.
– Con il dovuto auto-ascolto giorno dopo giorno si imparano tantissime cose del proprio corpo, è una sorta di allenamento che ci dobbiamo concedere.
– Ora, oltre a non sottovalutare più il dolore, cerco sempre il professionista più propenso ad ascoltarmi, perché è solo così che si possono ottenere i risultati migliori e più rapidi per entrambe le parti.
– Perseveranza e sacrificio portano a grandi risultati, queste caratteristiche le ho performate nel tempo e sono diventate un punto di forza tecnico in grado di ricaricarmi, ma anche un buon biglietto da visita per chiunque si approcci ad aiutarmi.
Ci tengo a sottolineare questa cosa in quanto per me la resilienza è stata la sfida più difficile: va da se che in certi momenti si è portati a rientrare a casa in seguito a visite ed esami effettuati in sedi lontane, o lunghi e dolorosi, o semplicemente gli ennesimi esami con esiti non soddisfacenti, e lanciare tutti i referti in un angolo, buttandosi sul divano “fino a data da destinarsi”.
Invece è proprio questo il momento in cui bisogna stringere i denti e non perdere mai un appunto o una sfumatura;
questo ci aiuta a restare vivi di testa e a poggiare un mattoncino dopo l’altro così da costruire una buona anamnesi.
– Tra le cose che ho scoperto c’è che, anche il numero di esami ripetuti negativi è un’informazione! va raccolta, fornita e potrebbe diventare proprio la leva che ci serve alla soluzione.
Quindi le informazioni devono essere organizzate con estrema attenzione: dalla raccolta degli esami fino ad un’anamnesi ben fatta ai fini di aiutare se stesso nell’esposizione e nella comprensione, ma soprattutto volta a facilitare il medico il quale dovrà approcciare per la prima volta ad una storia così articolata.
Mi è capitato di parlare con medici sconsolati per la difficoltà nel reperire informazioni dal paziente, va considerato che una patologia complessa spesso porta noi pazienti a cambiare regione se non stato, e i materiali non sono reperibili fuori distretto, quindi spetta a noi fornirli con attenzione e cura.
Ognuno di noi avrà qualche caratteristica propria che potrà aiutarlo in questo aspetto, vista la mia professione mi sono dedicato alla parte più tecnica: non mi è stato difficile creare un’anamnesi interattiva in pdf, con elementi multimediali di visite radiologiche e addirittura gli screenshot più significativi.
– Per certi materiali devo ringraziare alcuni medici che presi dalla situazione incredibile nella quale versavo, mi hanno gentilmente fornito aiuto.
Medici che, anche se non riuscivano ad offrirmi una soluzione specifica al problema di salute, mi tendevano una mano per permettermi di proseguire le ricerche.
Ognuno di noi può contribuire ad un piccolo pezzo del puzzle senza per forza risolverlo, lo trovo fondamentale ed etico e ricordo con immenso piacere alcuni di questi specialisti.
– Infine portare avanti la propria vita sociale e lavorativa con buon senso, evitando di crearci ulteriori problemi di salute, ma continuando ad essere il più possibile produttivi; aiuta tantissimo a restare lucidi, ma anche a far passare ragionevolmente le lunghe attese tra visite ed interventi.
Mantenere la positività mentale poi è sicuramente frutto della nostra vita sociale e delle amicizie.
Un buon amico può darci molto ma l’amicizia non è dovuta, va coltivata e non pretesa…è un impegno anche questo: non sempre si vorrebbe uscire o stare in compagnia, ma ripaga infinitamente di più dello sforzo eventuale.
Se sono qui a scrivere queste cose e ho ancora voglia di fare, lo devo ai miei più cari amici.
– Quando si scopre una malattia cronica non sappiamo per quanto tempo durerà il “momento peggiore”, continuare a vivere per quanto possibile in modo produttivo, non lascierà rimpianti di aver gettato il proprio tempo prezioso su questa terra.
Ho cercato di esprimere ciò che mi ha lasciato questa esperienza e vorrei valutare insieme e condividere alcuni degli aspetti più utili affinché possa in qualche modo aiutare altre persone.