Cos’è la Medicina Narrativa?
la Medicina Narrativa è una metodologia di intervento basata su diverse competenze comunicative e strumenti: narrazioni, testi di letteratura, teatro, cinema, arte…
“Le competenze”, secondo Rita Charon (Medicina Narrativa, onorare le storie dei pazienti, 2019)
sono le capacità di saper ascoltare le storie dei pazienti ed essere mossi da ciò che si apprende, essere cioè in grado di interpretare, assorbire, metabolizzare, quello che le persone malate ci dicono della loro sofferenza.
Si tratta di apprendere una “postura” narrativa, come postura fondamentale nell’esser-ci con il curato, fatta di attenzione, ascolto attivo, sguardo, empatia, emotività.
La postura narrativa comprende l’insieme delle conoscenze, sia implicite che esplicite, delle competenze, degli atteggiamenti e dei modi di essere e di porsi nella cura attraverso una relazione terapeutica, basata sulle narrazioni (Paolo Trenta, la Postura narrativa, 2024).
La narrazione in medicina, nel centro EduCare è uno strumento peculiare per il percorso di apprendimento con il paziente e il caregiver. Tutto parte dalla storia narrata e condivisa con i professionisti!
E’ la narrazione che permette la selezione e la scoperta del sapere esperienziale della vita con la malattia dei pazienti e dei caregiver, dei professionisti e degli studenti.
Dalle narrazioni saranno estrapolate le buone pratiche, ovvero quello che ha funzionato nel percorso di cura.
Le buone pratiche sono definite come: “i comportamenti e i processi messi in atto dai professionisti che ottengono i migliori risultati”. Esse vengono riportate nelle narrazioni dei pazienti. Nel momento della rilettura e della rielaborazione dei racconti, gli stessi pazienti e caregiver estraggono alcuni comportamenti fondamentali che i curanti dovrebbero sempre cercare di usare.
E’ illuminante la metafora tratta dall’opera di Gianrico Carofiglio “Passeggeri Notturni” riportato in fondo alla pagina.
Narrano i pazienti, i caregiver, i medici, gli infermieri, gli studenti.
Scrivere la narrazione del proprio viaggio di malattia è per i pazienti e i caregiver, un prima tappa del percorso formativo:
scrivono, ricordano e riflettono, diventano consapevoli del perché e come è successo;
mettono in fila le tappe dell’esperienza, in ordine cronologico di significato e di crescita, anche se non si guarisce. Si passa così, non dalla malattia alla guarigione, ma ad una consapevolezza che ha portato la persona ad accettare che non potrà più tornare come prima, ma dovrà adattarsi al nuovo stato.
Così come un “vaso rotto che torna ancora più bello perché ha delle cicatrici ma in oro” (il vaso di Kintsugi)
DALL’OPERA DELLO SCRITTORE GIANRICO CAROFIGLIO
Il protagonista è Sternin, un incaricato dal governo vietnamita per lo studio delle cause dell’alta mortalità infantile.
“…Cosa fece, in sostanza, Sternin? Non potendosi occupare della miseria, della penuria di acqua potabile, della scarsa igiene, ma non volendo arrendersi, rovesciò il modo di affrontare il problema. In una situazione che sembrava senza speranza, scoprì quello che funzionava – le abitudini alimentari virtuose di alcune madri – e replicò il modello. Scoprì gli esempi positivi e li diffuse in una sorta di contagio benefico”.
(G. Carofiglio. Passeggeri notturni)