Narrazione di Silvana, paziente formatrice, realizzata nell’ambito del Corso di perfezionamento in Metodologie didattiche per l’insegnamento della medicina con i pazienti formatori di UniMoRe

ANSIA E DINTORNI
Mi chiamo Silvana e sono ansiosa. Lo sono sempre stata, ma ne ho preso coscienza nel senso di accettarlo solo da una decina d’anni. Prima ero un’ansiosa convinta di non esserlo, che rifiutava anche solo l’idea di esserlo. La conseguenza di questa testardaggine era un quotidiano “DISTURBATO”, nel vero senso del termine. Sino a dieci anni fa, infatti, ogni evento della mia vita diventava una tragedia. Dagli esami universitari a un leggero raffreddore. Dalla varicella ad un appuntamento di lavoro, dalla fine di una storia all’inizio di un nuovo corso. L’esame era un affare di stato, il raffreddore un’infezione grave, la varicella addirittura mortale. Ma soprattutto ero disturbata dalla confusione che si impossessava di me, mano a mano che i battiti cardiaci accelerati alteravano il mio respiro, rimbombando sino al cervello. Razionalità in tilt, vista sfuocata, sentimenti confusi, paura mista a emozione, giudizio finale implacabile. Ogni evento cosi vissuto indeboliva il mio carattere nella previsione di un altro evento da vivere anzi patire nello stesso modo. E cosi tutto mi appariva abnorme, impossibile da sostenere. Tachicardia e respiro ansimante nell’affrontare ogni evento, preceduti da pensieri ripetitivi e visione catastrofica. Tutto questo mi sfiancava. Alla fine dell’ondata vedevo la realtà, di nuovo, per quello che era, ma era troppo tardi. Avevo già intossicato il mio cervello, perso delle opportunità, mandato a quel paese qualcuno, giudicato pesantemente la mia persona. Continuavo a non capire che il disagio era dovuto proprio alla mia ansia o meglio al modo ansioso in cui affrontavo le difficoltà o semplicemente i momenti emotivamente più impegnativi. Pensavo di essere così, nata storta. Eppure, preferivo pensare di essere “storta” piuttosto che accettare di essere ansiosa. Perchè? Questa domanda, mai formulata apertamente neanche con me stessa, mi ha portato a letture monotematiche per diversi anni, Freud e Jung, oppure mi rifugiavo ne Il lupo della steppa oppure Lo strano caso del dottor Jekill e Mr. Hyde. Cercavo di capirmi o forse di trovarmi, ho solo complicato tutto. Paranoia di essere ognuno degli squilibri mentali di cui leggevo con novizia di particolari.
Per il resto invece ero me stessa, allegra, creativa, ottimista, di compagnia, difensore a spada tratta di animali e alberi, mi sono laureata, ho cambiato regione, ho chiuso relazioni tossiche, ho partorito mia figlia.
Ecco sino a quando sono stata da sola con la mia cd natura storta, potevo continuare ovvero potevo accettare di convivere con il disagio, ma nel momento in cui ho realizzato che dovevo crescere un esserino la cui serenità emotiva sarebbe dipesa da me il pezzo mancante del mio puzzle è andato al suo posto e tutto è cambiato.
Non è stato né semplice né veloce.
Ho iniziato il mio percorso psicologico al terzo mese di gravidanza grazie alla lungimiranza della mia Ginecologa che inizialmente me lo consigliò caldamente. La diffidenza culturale intorno alla psicologia che mi portavo dietro nonostante le mie letture, anzi che mi aveva indotto ad affidarmi ai libri piuttosto che ad un essere vivente con tale professione, riemerse in tutta la sua grandezza. Indugiai. Alla visita successiva la Ginecologa mi allungo il numero di telefono di una professionista che seguiva proprio le donne in gravidanza un po’ “confuse”, ed io questa volta non mi opposi. Al telefono feci il quarto grado alla dottoressa e poi me ne vergognai, ma lei lo accettò e negli incontri successivi in cui parlammo di tutto ad eccezione della mia ansia- cosi credevo!!- sentii che potevo fidarmi, lei non aveva pietà di me e mi fece capire che non ero un caso disperato, l’esigenza di comprendere costituiva una risorsa, “la mia risorsa”, ansia lieve, che sollievo!!! ed io che credevo di avere uno sdoppiamento della personalità per non dire altro!!!!
Ad ogni incontro mi faceva arrivare ai miei sentimenti e senza compassione o esaltazione ne ricostruivamo le origini, l’evoluzione, “l’intoppo emotivo”, e tutto il resto. Poi mi lasciava il filo del discorso da seguire, ascoltare e magari scrivere per poi parlarne nell’incontro successivo…
Questo filo mi fece capire che non sono la mia ansia, ho solo degli attacchi d’ansia che compresi e gestiti adeguatamente si ridurranno di numero e di intensità e cosi è stato. Sono passati 15 anni da quei primi incontri, ho anche avuto un altro terapista, quindi maturazione nel distacco dalla mia psicologa che poi ho rivisto un paio di volte negli ultimi 5 anni per dubbi esistenziali e genitoriali. Un rapporto di fiducia stabile ma non tossico. Oggi, la mia autonomia emotiva è un dato di fatto.
Ho sezionato tanti aspetti della mia vita a seconda di quello che mi suggeriva e lo fa ancora oggi, la mia ansia.
E’ così, nel momento in cui ho iniziato ad accettare che sono ansiosa, tutto è davvero cambiato. Adesso quando la sento arrivare non la reprimo, ma la accolgo e, dopo averla ascoltata, la conduco fuori dai miei pensieri ed esploro “quel vaso di pandora dentro cui mi suggerisce di sbirciare” e a volte è solo una questione di carenza grave di ferro o vitamina B12.
Non ho più la tachicardia e neanche il respiro ansimante, sono sempre presente a me stessa e spesso mi faccio anche una sonora risata, ripensando alle esternazioni “ansiose” o “ai pensieri paranoici”. Non mi giudico più. Non me ne vergogno più!!
Sdrammatizzo parecchio e vado avanti.

I FARMACI, un capitolo a parte.
Per quanto riguarda le medicine per gli stati d’ansia, non hanno avuto un ruolo rilevante nel mio percorso di vita, perchè quasi sempre disgiunte dal percorso psicologico.
Quindi gli ansiolitici che mi hanno prescritto in Sicilia negli anni della confusione sono scaduti nel cassetto, se non averne preso una qualche goccia senza crederci e con diffidenza.
A Modena, invece, è stato molto diverso, dopo aver iniziato il percorso psicologico, con risultati evidenti anche se non immediati, entrambi i miei psicologi sono stati concordi nel ritenere che non avessi bisogno di medicine, nel susseguirsi degli incontri settimanali o mensili.
Tuttavia in un periodo molto complicato, pieno di stress e decisioni difficili, durante il quale non seguivo alcun percorso psicologico e non ne avevo neanche voglia, ho avuto un forte calo dell’umore e a causa dell’ansia che dominavo di giorno ma che mi alterava il sonno durante la notte, sono diventata fortemente insonne e questo ha alterato tutto. Nervosismo, scatti d’ira, ansia al top, pensieri ossessivi, e la melatonina, efficace in altri momenti, in quella circostanza non aveva alcun effetto.
Cosi dietro consiglio del mio medico di medicina generale ho assunto il Citalopram per circa 6 mesi o più, ho ripreso il giusto ritmo sonno-veglia, mi sono concentrata sulla risoluzione del problema che mi affliggeva e poi ho sospeso la medicina.
Oggi i miei blandi episodi di ansia vengono gestiti con Magnesio, Neuronam, vitamina B12, ed altri integratori a seconda del bisogno.
Silvana Plumari