Con la complicità dei suoi colleghi, che però erano anche miei colleghi, mia madre mi ha tenuto nascosta la verità per anni, durante i quali mi sono sposata e ho avuto mia figlia

La storia della mia vita con la malattia inizia nel dicembre del 1975. Mi ero appena laureata in Medicina e pensavo che avrei avuto a che fare con pazienti affetti dalle varie patologie che avevo studiato ma dalle quali io sarei sempre stata immune. Non avevo mai avuto gravi malattie, anzi il mio cruccio, quando andavo a scuola, era che non facevo mai assenze.

Tutto cominciò con un dolorino al fianco sx. Il medico da cui mi fece visitare mia madre, anche lei medico, otorinolaringoiatra, mi fece la palpazione e chiamò il figlio che allora stava ancora studiando medicina, perché’ mettesse le mani sotto le mie arcate costali in quanto, disse, ”difficilmente si sarebbe imbattuto, nella sua carriera, in reni così ” Fece diagnosi di ptosi renale ma sapeva benissimo che era qualcosa di molto più grave. Fui sottoposta ad urografia e in questa occasione mia madre, presente all’esame, mi disse che avevo un calcolo nel bacinetto renale sx. Vero. Ma avevo anche la malattia policistica epato-renale. Malattia ereditaria con gene dominante, che porta quasi sempre alla dialisi dai 50 ai 70 anni. Con la complicità dei suoi colleghi, che però erano anche miei colleghi, mia madre mi ha tenuto nascosta la verità per anni, durante i quali mi sono sposata e ho avuto mia figlia. Quando le ho annunciato che ero incinta, invece di rallegrarsene si rabbuiò e mi disse con rabbia ”credevo che avresti aspettato qualche anno…” Durante la gravidanza mi fece sottoporre a tanti esami di cui non capivo l’utilità, ma mi fidavo di mia madre e di tutti i suoi amici medici. Alle volte penso che deve esserci stato anche lo zampino del mio inconscio in questo mio rifiuto di capire che c’era qualcosa che non andava, insomma una mia resistenza ad andare più a fondo della cosa per timore di scoprire una verità che non volevo accettare.

Nel 1979 ebbi una cistopielite e venni ricoverata. Naturalmente la diagnosi di dimissione non citava la patologia policistica ma il referto degli esami in cartella non poteva essere modificato così qualche mese dopo mi ritrovai, sfogliando la fotocopia della cartella, di fronte alla verità. Ero sola, ho urlato ”non voglio morire!” ho pianto disperatamente. Un momento terribile della mia vita!

Da questo momento iniziarono i miei problemi con la malattia e con i medici. Non avevo più fiducia in loro, temevo che mi nascondessero sempre qualcosa ma anche che mi comunicassero novità gravi e inaspettate. Ho incontrato medici ansiosi che quando guardavano la mia ecografia sembravano spaventati come se io fossi uno zombie, e medici ignoranti che cercavano la mia patologia sui libri. Per anni ho evitato medici, controlli, analisi del sangue, rifiutando di accettare la mia malattia e cercando medici che avvallassero diagnosi alternative più benigne tipo “rene multicistico bilaterale” (e ne ho anche trovati!), in questo avendo mia madre come alleata. Mia madre infatti si sentiva in colpa per avermi trasmesso questa grave malattia nonostante né lei, né mio padre, né nessun altro in famiglia avesse mai presentato patologie renali.

Mi fermo qui, anche se ho fatto un trapianto renale, riuscito perfettamente… ho qualche difficoltà soprattutto con la storia più recente, che non ho ancora metabolizzato. Non mi piace molto criticare colleghi e infermieri che hanno i loro difetti ma sono stati, per quattro anni e mezzo di dialisi, la mia famiglia. Per non parlare degli infermieri del post trapianto, estremamente professionali ed umani…