Sono Miriam, ho 66 anni, sposata, con un figlio. Ho avuto un’interessante e gratificante vita lavorativa, facendo l’insegnante di scuola materna. Dopo la pensione non ho saputo star ferma, quindi ho collaborato con una Polisportiva per incentivare lo sport, poi sono diventata volontaria in una Onlus con progetti di solidarietà per il popolo malgascio, partecipando direttamente alle missioni in Madagascar per attivare progetti sanitari e sociali.
Nel 2010 qualcosa cambia nella mia vitalità: sonnolenza improvvisa, stanchezza ingiustificata e dolori generalizzati mi affliggono sempre più di frequente.
Il primo passo del lungo percorso che dovrò affrontare per risolvere i problemi di salute comparsi è raccontare tutto al mio medico di base, una dottoressa che mi ha in cura da tanti anni. Ho molta fiducia in lei, le riconosco una buona formazione di medicina generale: a me e ai miei familiari ha sempre saputo fare diagnosi corrette con precisi esami clinici.
La Dottoressa, dopo aver ascoltato le mie problematiche, non perde tempo, mi prescrive subito degli esami del sangue per avere una valutazione obiettiva; dagli esiti emerge una situazione critica, più evidenti problemi renali.Avendo riferito di essere rientrata da poco dal Madagascar, dove avevo avuto un episodio di dissenteria, la Dottoressa ritiene opportuno inviarmi al pronto soccorso, per avere un ricovero nel reparto più appropriato per una diagnosi veloce. I medici, dai referti degli esami del sangue eseguiti in pronto soccorso non ritengono opportuno ricoverarmi, hanno addotto che c’erano piccoli miglioramenti e che il problema si stava risolvendo da solo Quindi ritorno dalla Dottoressa che mi fa fare altri esami più mirati del sangue, gli esiti indicano una sofferenza renale e problemi ematici, mi consiglia una visita dal Nefrologo. Ai primi di luglio faccio la prima visita dal medico Nefrologo, che dalla valutazione dei referti e dal mio racconto dei sintomi, individua subito la strada da percorrere per poter formulare una corretta diagnosi, mi prescrive una serie di esami ematici, una biopsia osteomidollare (BOM) e successivamente una Biopsia Renale. Gli esami sono invasivi, intuisco che potrà esserci qualcosa di serio, ma sono più tranquilla, il Nefrologo ha tracciato la strada giusta per capire, e questa è la cosa che mi interessa di più. Il 12 agosto c’è l’esito della BOM: non è chiaro, mi viene riferito dalla Dottoressa Ematologa di una infiammazione ossea; il mio problema non riguarda l’ematologia. Non ricevo spiegazioni in merito, provo a chiedere chi si può occupare di questo problema osseo, non è un tumore del sangue, non riguarda l’Ematologia. E allora chi? Rivivo l’incertezza delle prime indagini,
1- ho paura – il tempo si allunga, le malattie non si fermano ma si aggravano
2- ho incertezza – devo incontrare nuovi Medici
Per mia fortuna il Nefrologo è sempre rimasto in contatto con me, mi ha dato i numeri telefonici dell’ambulatorio, mi riceve subito, richiede la Biopsia Renale in reparto con urgenza; ma è agosto, si interpone il problema ferie. Con un po’ di fortuna a fine agosto viene eseguita la biopsia renale nel reparto di Nefrologia del Policlinico, l’esito mi viene consegnato dal Primario che si esprime con poche parole “E’ affetta da una malattia importante” sul referto, lasciato sul letto, leggo AMILOIDOSI, il Primario è già uscito dalla stanza, io non ho mai sentito questa parola.
1 – Credo che ogni paziente abbia il diritto di conoscere il suo stato di salute
2 – Credo che ogni medico dovrebbe trovare il tempo di riferire al paziente le diagnosi con i termini medici precisi e, se sono sconosciuti al paziente, dovrebbe spiegarli.
3 – ogni paziente deve conoscere ciò che cambierà nel suo corpo, gli effetti della malattia.
Credetemi ogni paziente è in grado di capire e imparare e di farsi una cultura sulla sua malattia.
Sconcertata, perché ho intuito che è qualcosa di grave, chiedo spiegazioni a una Dottoressa Specializzanda; vengo così a conoscenza degli effetti devastanti sugli organi, è una malattia rara del sangue e provoca danni dove più c’è circolazione sanguigna. Non posso consultarmi con il Nefrologo, non è in reparto. La prima cosa a cui penso è il mio cervello, ”no mia suocera è morta di demenza senile so come si diventa” è terribile pensare alla perdita della ragione, poi penso subito a mio marito a mio figlio al dolore che avranno, sono davvero momenti di disperazione. In quei momenti la solitudine della malattia ti prende; ci sei tu il tuo corpo che non riconosci più, e non sai se potrai trovare i medici , le medicine che ti possono aiutare. Mentre sono immersa nella più grande paura e incertezza i medici decidono di dimettermi dal reparto di Nefrologia: il loro compito è finito, hanno stabilito da che malattia sono affetta, mi rinviano dai medici Ematologi. Mi sento come una pallina da tennis: gli ematologi mi mandano dai nefrologi, poi i nefrologi mi mandano dagli ematologi… Per uscire da questo assurdo rimpallo chiedo un consulto fra i medici dei due reparti prima di essere dimessa. Ottengo il consulto, arriva in reparto l’Ematologo. Il consulto è veloce, mi viene comunicato dall’Ematologo: “Giovedì comincia la cura per OS” chiedo in che consiste, risposta “sono cure importanti” insisto “spiegatemi bene se è chemio terapia desidero conoscere il protocollo di cura” chiedo chiarezza e soprattutto che usino il linguaggio preciso, è carcinoma? serve la chemio terapia? le parole generiche come “Importante” non le voglio più sentire Non accetto le conclusioni di questo veloce consulto non mi hanno mai visto non mi hanno chiesto niente e non hanno avuto il tempo di confrontarsi sul mio caso. Insisto perchè rivedano la mia cartella clinica, i medici si confrontano dopo 2 ore mi comunicano che riconoscono un’incongruenza fra gli accertamenti, mi consigliano approfondimenti presso il Centro Amiloidosi di Pavia. Accetto questa soluzione, mio marito documentandosi circa l’amiloidosi su Internet (Internet ci ha aiutato a capire un po’ di più la malattia, conoscere mi ha permesso di approfondire poi con il medico) aveva trovato il centro ed avevamo già deciso di richiedere una visita. Ma i tempi nelle gravi malattie sono sempre troppo lunghi, mentre aspetti. I danni aumentano, così tormentata da atroci mal di schiena mi reco al pronto soccorso; dopo avermi sottoposta a raggi e esami del sangue vengo ricoverata in medicina d’urgenza area critica perchè ho il di-dimero alto, il giorno dopo I medici del reparto riscontrano, sulle lastre fatte, la frattura di 2 vertebre la D12 e la L4 raccomandano di non alzarmi più da letto in attesa di una risonanza magnetica, nel frattempo chiedono la visita dell’ortopedico. L’Ortopedico con una visita veloce consiglia un busto.
Faccio molta fatica a camminare, i nervi non rispondono, non riesco a staccare i piedi dal suolo, in barella mi presento alla visita al Centro Amiloidosi di Pavia.
Il Medico Specialista per le Amiloidosi mi riceve, il suo primo interesse è rivolto al mio stato di immobilità mi consiglia la vertebroplastica per la riduzione del crollo vertebrale, è importante per poter affrontare il percorso di cura con meno disagio (il dolore ti toglie la lucidità non riesci a far altro che ascoltarlo, quando non ti prende hai paura che gli attacchi possano tornare); segue un lungo colloquio, poi richiede le visite complementari gli esami clinici, le biopsie per tipizzare l’amiloidosi.
Il centro è strutturato molto bene, a seguire vado prima dal Cardiologo che effettua l’ecocardio-grafia per una valutazione dei danni della malattia sul cuore, poi dal medico del dolore, un neurologo, per la prescrizione di farmaci idonei, dal chirurgo patologo che esegue prelievi di grasso ombelicale, dalla dietista che comincia a darmi consigli per una corretta alimentazione, infine mi fanno i prelievi di sangue che ogni medico ha richiesto. In due ore ho finito tutte le visite il Medico e il Primario parlano a lungo con me e con mio marito; tracciano il percorso che dovrò affrontare, mi tranquillizzano: la malattia è grave ma le cure innovative permettono di avere buoni risultati. L’esito finale sarà pronto in 15 giorni. La solitudine della malattia dopo questa visita è diminuita, i Medici che ti ascoltano ci sono, e quanta umanità in quei pozzi di scienza! Si sono preoccupati di ogni minima cosa. All’ospedale di Reggio Emilia trovo il Chirurgo Radiologo che con successo riduce i crolli delle mie vertebre, un gran sollievo quando il giorno dopo l’intervento ho sentito le mie gambe reggermi e staccarsi dal suolo con facilità. Lo stesso giorno il medico del centro Amiloidosi di Pavia mi comunica l’esito finale: si tratta di “amiloidosi AL”, mi informa sul protocollo di cura, chiedo di poter fare la chemio terapia nel centro a Pavia, mi convince sull’impossibilità è troppo lontano da Modena mi stancherei e sarebbe controproducente per il buon esito delle cure, devo scegliere un ospedale più vicino. La mia sicurezza è Lui, gli chiedo di seguirmi in un altro centro, voglio essere sicura che venga rispettato e seguito il protocollo di terapia proposto da Pavia, purtroppo non ho più fiducia nell’Ospedale Modenese, mi consiglia l’ospedale di Reggio Emilia. I medici dei due ospedali si accordano. L’Ematologo mi riceve, io sono un po’ imbarazzata, dover chiedere a un medico specialista di seguire il protocollo di cura proposto di un altro medico specialista non è semplice, ma l’Ematologo, con molta umiltà, mi dice che volentieri collabora con quel centro all’avanguardia, è un’esperienza anche per lui. Ancora attesa, devo attendere il giudizio del Comitato Etico prima di iniziare la chemioterapia. Finalmente in novembre entro nel reparto di ematologia dell’ospedale di Reggio Emilia, qui incontro i meravigliosi operatori sanitari, medici Infermieri ecc… che mi traghetteranno nel lungo percorso verso la guarigione, mi vengono dati i numeri telefonici a cui fare riferimento per qualsiasi problema. Il medico di base in questo momento non ha la possibilità di gestire le problematiche che insorgono: gli mancano i dati clinici, i referti di esami, che viceversa i medici del reparto hanno sempre aggiornati. Il mio medico di riferimento nel reparto è una dottoressa Ematologa che segue i malati di Amiloidosi e Mieloma multiplo: ascolta e valuta ogni mio sintomo, mi aiuta, mi dà consigli Durante i 5 mesi di cura vengono eseguiti controlli periodici al centro amiloidosi di Pavia; il Medico si confronta con l’Ematologo dell’ospedale di Reggio Emilia, e insieme decidono sulla necessità di sottopormi al trapianto di Cellule Staminali. Il trapianto viene effettuato con successo nel reparto sterile di Ematologia di Reggio Emilia. Ho trascorso 25 giorni nel reparto, seguita da Medici e Infermieri da encomiare: il sorriso, l’interessamento, le rassicurazioni, il saluto sono sempre stati presenti; per un paziente che vive in isolamento, senza l’aiuto e l’affetto continuo dei familiari, questi aspetti sono importanti. Ma non tutto doveva andar bene: la possibilità di infezioni, che lo Specialista aveva paventato, che dopo il trapianto avrebbero potuto creare problemi ai reni già compromessi, non ha tardato a presentarsi. Il 23 giugno vengo ricoverata perchè affetta da Citomegalovirus, in poco tempo la situazione si aggrava; per mia sfortuna mi ritrovo in un rapporto di nuovo difficile con i medici del reparto Malattie Infettive dell’ospedale di Reggio Emilia, mi sembra di essere un pupazzo: visite continue, nessuna informazione, lamento una situazione difficile di gonfiore generalizzato ma non trovo risposte e spiegazioni; preoccupata per i miei reni, chiedo con insistenza i valori della creatinina, (ho imparato dal dialogo con gli ematologi il significato del valore della creatinina) mi spavento: sono altissimi, dopo una decisa insistenza ottengo la visita di un nefrologo. La mia contrarietà dimostrata ai medici produce gli effetti desiderati, vengo trasferita al reparto di Nefrologia dello stesso ospedale. Ora per i miei reni c’è la possibilità di salvarsi, il Primario del reparto discute il mio caso con la sua preparatissima équipe, vengo sottoposta immediatamente a dialisi. Vivo momenti di grande criticità, febbre altissima, dissenteria; il bisogno dell’aiuto degli infermieri è continuo, puntualmente ricevo ascolto e aiuto, Trascorro quasi un mese nel reparto I medici mi tengono costantemente informata e ciò che davvero mi ha commosso è stato quando due medici con un grande sorriso e felici mi hanno comunicato: “sono arrivati gli esiti Miriam c’è un miglioramento piccolo ma importantissimo: i tuoi reni ricominciano a funzionare”. Riscontrare tanto interesse da parte dei medici che ti curano ti rassicura, non sei solo.
Sono trascorsi 5 anni dall’inizio della malattia, io sto bene, non sono più la Miriam di prima:
- ho dovuto cambiare tante cose, devo sempre fare i conti con le forze che non ritornano, con riposi necessari per arrivare a sera, programmando i miei impegni con tempi più agevoli,
- ma mi sento tanto fortunata: ce l’ho fatta, con l’aiuto di meravigliosi medici che hanno saputo dare un senso alle parole dei miei racconti. Non da meno sono stati importanti gli Infermieri: assieme a capacità e serietà nel somministrare le cure, dialogo sorriso interessamento allo stato di salute mi hanno aiutato molto.
- Tante sono le persone che mi hanno supportato e hanno condiviso la malattia in particolare mio marito, mio figlio, le amiche che non mi lasciavano sola un momento, ma credetemi per il malato il vero interlocutore è il Medico in lui riponi tutte le tue speranze,
- Il medico di Base è il primo filtro ma il più importante, il problema tempo che in certe malattie e determinante, può essere superato se interviene con indagini mirate come ha fatto la mia Dottoressa. Dal medico di famiglia mi aspetto una buona preparazione medico – scientifica, dovrebbe saper individuare il disturbo e dovrebbe saper scegliere la cura efficace. Mi da fiducia il mio medico perchè mi conosce da tanti anni ed è in grado di valutare un sintomo nel quadro generale che ha della mia salute. Col medico di famiglia si crea un rapporto di confidenza di amicizia il dialogo è importantissimo, si apprezzano I sui preziosi consigli. Il Medico di Base è un importante filtro che richiede lo Specialista sulla valutazione dei sintomi e degli esiti di esami, che indicano una patologia che richiede una preparazione specifica per curare la malattia.
- Lo specialista ha grande importanza nella cura delle patologie specifiche proprio per la preparazione scientifica mirata e per la pratica continua, per gli aggiornamenti, i congressi che gli permettono il confronto con i colleghi.
- Il paziente nella sua interezza ha bisogno però della mediazione del Medico di Base.
- in questa mia esperienza ho vissuto momenti di sfiducia nel confronto di alcuni medici, non l’ho attribuita alla loro preparazione o alla loro capacità, che non sono in grado di giudicare, ma alla mancanza di dialogo, di comunicazione, di far partecipe il paziente; a volte ho colto anche la poca disponibilità all’ascolto Ho accettato che un medico non abbia interpretato l’esito di un esame o di un accertamento, ma non ho accettato la poca disponibilità verso la persona che ha un problema di salute, anche se non grave.
- Il viaggio di cura della mia malattia è durato un anno, e ciò che mi ha rassicurato che me lo ha reso accettabile è stato la conoscenza del protocollo di cura, la lettura degli accertamenti con i Medici che mi informavano costantemente , anche se non sempre c’erano risultati positivi, le tappe sono state scandite insieme a tutto il personale sanitario. Altro aspetto rassicurante quando avevo bisogno di ulteriori accertamenti il centro di Ematologia aveva un percorso preferenziale e non dovevi attendere. L’attesa è sempre causa di ansia..
- La malattia è la solitudine più grande, questa scatola che ci contiene, “il corpo” quando ha qualcosa che non va limita la nostra esistenza, si vive nella paura, nell’incertezza, nell’ansia; solo una buona sanità che dà risposte con personale preparato scientificamente ma anche con tanta umanità, che riesce a dare risposte in tempi brevi, almeno accettabili -non due o tre mesi quando si è fortunati- può aiutare la persona nella sua solitudine contro la malattia.