La mia storia come caregiver inizia con la nascita di mio figlio Francesco, è affetto da anemia
microdrepanocitica, una variante molto rara data dall’unione dei geni miei, anemia microcitemica o
meglio talassoanemia, e di mio marito, drepanocitosi o meglio falciforme. Quando è nato nostro
figlio, credendo che le due anemie non potessero incrociarsi, pensavamo che non avrebbe avuto
problemi. La pediatra all’epoca si accorse che il bambino non cresceva come gli altri per cui volle
fare degli accertamenti, così fu diagnosticata l’anemia microdrepanocitica. In quel momento storico
stavo studiando medicina all’università di Bologna e il prof. Rosi del policlinico S.Orsola mi diede un
opuscolo sull’anemia falciforme per saper quali erano le complicanze e cosa sarebbe successo nel
futuro. Le conseguenze non tardarono a verificarsi, una mononucleosi provocò una splenomegalia
con sequestro splenico e quindi fu ricoverato nel reparto di oncoematologia per le trasfusioni e per
monitorarlo. Successivamente alla dimissione furono fatte diverse trasfusioni per mantenere
l’emoglobina a 12mg cosa impossibile essendo anche microcitemico, ha eseguito una trasfusione
ogni 21 giorni. Nel frattempo ci siamo trasferiti a Castelfranco, Bologna era diventata difficile da
raggiungere per i controlli soprattutto al mattino così durante una crisi di dolore siamo andati a
Modena, dove abbiamo conosciuto il dott. Palazzi e per noi è stata la salvezza, per la sua umanità,
comprensione e preparazione professionale. Francesco oltre ad avere crisi anemiche aveva anche
forti dolori agli arti, alla schiena e in ogni parte del corpo perché purtroppo l’anemia falciforme fa in
modo che i globuli rossi siano a forma di falce e appiccicosi, per cui possono chiudere i vasi e
provocare dolore nel distretto dove il vaso è chiuso. Il dolore si manifestava all’improvviso, non si
riusciva a programmare niente, tutto ruotava intorno alla malattia. Nel frattempo è nato il mio
secondo figlio, sano senza alcuna patologia. Ho continuato i miei studi di medicina ma tutto
diventava complicato per cui mi sono fermata per fare una scelta la mia famiglia o gli studi, insieme
non riuscivo a farli perché non avevo nessun aiuto su cui contare, la mia famiglia si trovava in Sicilia.
Ho scelto la famiglia con un cambio di programma, avrei seguito gli studi d’infermieristica a Modena.
Molti esami mi furono convalidati e lo studio era molto più leggero e facile. Durante il corso di studio
Francesco fu sottoposto a splenoectomia per ridurre le crisi falcemiche purtroppo le crisi
continuarono. Una crisi falcemica piuttosto importante fu all’età circa di 7 anni, era maggio e dovevo
fare l’esame per il tirocinio che iniziava da lì a poco. Ricordo che facemmo degli esami ematici e
andavano bene, non aveva avuto crisi da più di sei mesi un record! Le labbra erano bianche, il polso
accelerato il pediatra consigliò di andare in p.s. a questo punto era tutto da organizzare per Andrea,
il secondogenito che aveva 4 anni, e il lavoro di mio marito, infermiere. Siamo corsi in ospedale,
hanno fatto il prelievo aveva 3mg di emoglobina, al limite con la sopravvivenza. Eravamo in
astanteria c’erano altri bambini con le loro mamme, un’infermiera venne da me e mi rimproverò
aspramente e duramente ero colpevole per la salute di mio figlio, non ero in grado di gestirlo, non
mi ero preoccupata di lui. Mi è cascato il mondo addosso, non ero capace di fare la mamma né tanto
meno di prendermi cura di mio figlio. Ero arrabbiatissima, come si è permessa l’infermiera di
trattarmi in quel modo, cosa né sapeva della mia vita, di quello che avevo patito negli ultimi anni, di
come avevo gestito mio figlio, delle mie preoccupazioni, dov’era l’alleanza terapeutica con il
genitore? Ecco questo è il modello d’infermiera che mai e poi mai avrei voluto essere, la relazione
con il paziente e i familiari doveva essere importante. Francesco uscì fuori da quella crisi più vispo
di prima e l’infermiera non osava avvicinarsi a noi. Sono riuscita a terminare gli studi anche se in
ritardo mi laureai nella sessione di marzo, iniziava l’entrata nel mondo del lavoro.

Avevo paura come sarei riuscita a conciliare il lavoro con la malattia di mio figlio, aveva bisogno delle mie cure e le crisi
si manifestavano all’improvviso come mi sarei organizzata? Fortunatamente le crisi sono state più
diradate da quando aveva intrapreso la cura con idrossiurea, una cura sperimentale per cui siamo
riusciti a vivere una vita pressocchè normale. Le crisi ci sono state e contiunauano ad esserci,
quando arrivano sono una tempesta. Il dolore è forte, il silenzio scende in casa e niente sembra
avere un effetto positivo a volte neanche i farmaci quali oppiodi e benzodiazepine, morfina e tavor
per intenderci, abbiamo imparato a gestirlo adesso Francesco ha 24 anni e sta imparando a gestire
queste crisi in autonomia anche con l’aiuto della mindfulness.
Ritornando all’infermiera del ps. Pediatrico mi è stata molto utile perché grazie a lei ho imparato
ad affinare l’arte della relazione e nel tempo a perdonarla perché purtroppo siamo essere umani e
commettiamo degli errori e anch’io né ho commessi sia relazionali e sia tecnici infermieristici per
cui ho compreso quanto sia facile sbagliare e quanto difficile perdonare.
Il dolore di mio figlio Francesco mi è stato utilissimo per affrontare tutte quelle situazioni con i miei
pazienti che non riuscivano a farsi comprendere dai loro caregiver e a comprendere l’impotenza del
caregiver di fronte al loro congiunto che sta male e non c’è possibilità di fare qualcosa se non di
essere presenti.
Essere stata un’infermiera di cure palliative mi è servito per crescere come persona ed affrontare la
paure della morte, ho sempre temuto che mio figlio morisse giovane, la tristezza per il dolore e per
i cambiamenti tragici improvvisi. Il dolore di mio figlio ed essere infermiera di cure palliative hanno
fatto crescere la mia umanità.

Caregiver infermiera di mio figlio